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Indici rivelatori della qualifica di amministratore di fatto

La sentenza 4816/2024 della Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto da un imputato ritenuto responsabile, in qualità di amministratore di fatto, del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.

La difesa dell’imputato lamentava violazione di legge in relazione alla attribuzione della qualifica di amministratore di fatto.

I giudici del Supremo Collegio hanno dichiarato inammissibile il ricorso affermando:

«La corte territoriale, del resto, con motivazione del tutto immune dai denunziati vizi, ha correttamente desunto la qualifica di amministratore di fatto da una serie di specifici indici rivelatori e, in particolare, 1)dal conferimento al P. di una serie di procure speciali che "riguardavano l'intero patrimonio della società, per cui equivalevano a permettergli di disporne liberamente"; 2) "dalla circostanza che le operazioni che hanno portato al fallimento sono state tutte compiute dal P., con regolare procura, e tutte trasferendo i beni a una società della moglie", la "W.M. S.r.l.", senza che a tali atti di disposizione patrimoniale, aventi a oggetto i "box" auto di via Porrata, in Genova, e un immobile in Zerbolo, facesse seguito il pagamento del prezzo da parte dell'acquirente; 3) dall'ulteriore circostanza che a vendere i beni della società fallita acquistati dalla "W.M. S.r.l.", fu sempre l'imputato, questa volta in veste in veste di procuratore della società acquirente; 4) dal fatto che il ricavato della vendita dei "box", come riferito dal curatore, venne direttamente accreditato sul conto corrente acceso dal [omissis] presso un banca croata, in virtù di un bonifico disposto in suo favore dalla moglie.

Ad ulteriore riprova, sul piano logico, dell'effettivo ruolo svolto dal P., vero artefice dell'intera operazione, la corte territoriale, con motivazione intrinsecamente coerente, ha, inoltre, evidenziato come "l'imputato per una precedente condanna per bancarotta non poteva esercitare uffici direttivi", per cui "era normale che non risultasse formalmente come titolare".

Non può non rilevarsi, del resto, come il ragionamento svolto dalla corte territoriale sul punto sia conforme al costante insegnamento di questa Corte, alla luce del quale, ai fini dell'attribuzione della qualifica di amministratore "di fatto" è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta, come nel caso che ci occupa, da congrua e logica motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 45134 del 27/06/2019, Rv. 277540).

In particolare, alla giurisprudenza di legittimità non è estranea l'affermazione del principio, secondo cui la prova della qualifica di amministratore di fatto può trarsi anche dal conferimento di una procura generale "ad negotia", quando questa, per l'epoca del suo conferimento e per il suo oggetto, concernente l'attribuzione di autonomi e ampi poteri, sia sintomatica della esistenza del potere di esercitare attività gestoria in modo non episodico o occasionale ovvero sia seguita dall'attivazione dei poteri conferiti con la procura stessa (cfr. Sez. 5, n. 2793 del 22/10/2014, Rv. 262630; Sez. 5, n. 4865 del 25/11/2021, Rv. 282775)
».
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