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Effetti sul Rating di Legalità derivanti dalla condanna penale dell’amministratore per infortunio sul lavoro

Il TAR Lazio, con la sentenza sez. 1 n. 17101/2024, si è pronunciato sul ricorso proposto da una società a cui era stata comunicata la revoca del rating di legalità a causa della pronuncia di una sentenza di condanna non definitiva, e quindi ancora revocabile, dell'amministratore per un infortunio sul lavoro.

In fatto, la ricorrente deduceva di avere ottenuto il rating di legalità il 30 agosto 2022 con il massimo delle "stellette" e che in data 17 novembre 2022, con motivazioni rese note soltanto il 15 febbraio 2023, il Tribunale Ordinario di Venezia aveva condannato ad un mese di reclusione l'Amministratore delegato della società per il reato di cui all'art. 590 commi 1, 2 e 3 c.p. (lesioni personali colpose), con pena sospesa.
Il Tribunale assolveva l’ente perché aveva reso operativo il Modello 231, mentre la Corte di Appello assolveva anche l’amministratore delegato.

La difesa della ricorrente deduceva che la locuzione "sentenza di condanna", contenuta nell'art. 2 del Regolamento Rating, avrebbe dovuto essere interpretata come comprensiva delle sole sentenze di condanna definitive, dunque passate in giudicato e inoppugnabili, nel rispetto del principio della presunzione di innocenza.

Il TAR ha respinto la predetta censura argomentando che
:
«In primo luogo, non può essere accolta l'argomentazione difensiva secondo cui la revoca del titolo presupporrebbe necessariamente il passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
Ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera b) del "Regolamento Rating", l'impresa deve infatti dichiarare, se impresa collettiva, che nei confronti dei propri amministratori non siano state adottate misure di prevenzione personale e/o patrimoniale o misure cautelari personali e/o patrimoniali e non sia stata pure pronunciata alcuna sentenza di condanna o emesso decreto penale di condanna, divenuto irrevocabile, oppure sentenze di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i reati in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui alD.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
E' dunque chiaro il tenore testuale del regolamento, nella parte in cui reputa sufficiente, ai fini della revoca, anche la semplice sentenza di condanna non definitiva, per uno dei reati espressamente contemplati.
La stessa ratio dell'istituto conferma la lettera della previsione, posto che l'istituto del rating ha una finalità premiale, non sanzionatoria, essendo volto alla promozione di principi di condotta etica in ambito aziendale, tramite l'assegnazione di un riconoscimento, misurato in stellette, indicativo del rispetto della legalità da parte delle imprese che ne abbiano fatto richiesta.
Del tutto ragionevole è pertanto la previsione secondo cui anche la sentenza di condanna non definitiva possa atteggiarsi a fatto sintomatico della perdita di credibilità e di integrità morale della persona giuridica.
Tale conclusione è stata già affermata da questa Sezione, che ha precisato che la norma non specifica che il titolo preclusivo debba essere irrevocabile (come invece è espressamente previsto per il decreto di condanna), posto che anche la condanna non definitiva è sintomo del vulnus all'immagine di integrità morale del soggetto (Tar Lazio, sez. I, sentenza n. 18115 del 4 dicembre 2023).
Nel medesimo senso si è espresso il Consiglio di Stato, affermando che "In aderenza al testo letterale della norma, la valutazione del Tar deve trovare piena condivisione anche dove ha messo in luce che in riferimento alle "sentenze di condanna" la norma non specifica che il titolo preclusivo dev'essere "irrevocabile"; di conseguenza, si può concludere che ostativa al rilascio del rating, ed al mantenimento di esso, è una sentenza di condanna, anche non definitiva, per uno dei reati indicati dalla norma"; la medesima pronuncia ha anche precisato che "l'esegesi innanzi avvalorata non si pone in contrasto con i principi di cui agli artt. 27 e 41 della Costituzione, dovendosi, da un lato, rilevare che il testo della norma appare chiaro nell'individuare le condizioni di accesso al rating di legalità, non ponendosi pertanto in tensione con i principi di certezza e di libertà di impresa; dall'altro, deve ricordarsi che la ratio sottesa all'istituto del rating di legalità è essenzialmente premiale, e non sanzionatoria, essendo volta ad incentivare le imprese al rispetto della legislazione e al rispetto di prassi conformi a canoni etici, non potendo pertanto venire in considerazioni principi che attengono più propriamente alla punibilità, sotto il profilo penale, delle persone fisiche" (Cons. Stato, sentenza n. 3174 del 5 aprile 2024).»

Pertanto, il TAR Lazio ha respinto il ricorso.
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