Impianti audiovisivi e responsabilità penale del datore di lavoro
Con la sentenza 46188/2023 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto dalla titolare di un'attività commerciale condannata per aver installato un impianto di videosorveglianza senza la preventiva autorizzazione prevista dalla legge.La difesa dell’imputata lamentava violazione di legge, in relazione alla configurabilità del reato (di cui agli artt. 4 e 38 legge n. 300 del 1970, e 171 d.lgs. n. 196 del 2003, come modificato dalla legge n. 101 del 2018), in quanto non si dava contezza né del fatto che l’impianto fosse preposto alla registrazione né che l’imputata fosse datrice di lavoro di qualcuno.
I giudice del supremo collegio hanno accolto il ricorso, annullando con rinvio, sulla base della seguente motivazione.
«2.1. Per chiarezza, occorre una duplice. precisazione di carattere generale.
Innanzitutto, va osservato che la presenza di lavoratori nel luogo ripreso dagli impianti di videosorveglianza è requisito imprescindibile per la configurabilità del reato in contestazione. Invero, detto reato, sulla base di quanto previsto dall'art.15 d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, che costituisce la disposizione incriminatrice, è integrato dalla violazione dell'art. 4, comma 1, legge 20 maggio 1970, n. 300, previsione a sua volta diretta a regolamentare l'uso, da parte del datore di lavoro, degli impianti audiovisivi e degli altri strumenti «dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori».
Va poi rilevato che, secondo un principio enunciato in giurisprudenza, non è configurabile la violazione della disciplina di cui agli artt. 4 e 38 legge n. 300 del 1970 - tuttora penalmente sanzionata in forza dell'art. 171 d.lgs. n. 196 del 2003, come modificato dalla legge n. 101 del 2018 - quando l'impianto audiovisivo o di controllo a distanza, sebbene installato sul luogo di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate o di autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro, sia strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, sempre che il suo utilizzo non implichi un significativo controllo sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti o resti necessariamente "riservato" per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite degli stessi (così Sez. 3, n. 3255 del 14/12/2020, dep. 2021, Wang Yong Kang, Rv. 280542-01).
2.2. La sentenza impugnata si presenta lacunosa sotto entrambi i profili.
La decisione del Tribunale di Messina, infatti, si limita a dare atto che, nel bar di cui l'imputata era titolare, erano stati installati un monitor e cinque telecamere, sebbene in difetto di espressa autorizzazione.
La pronuncia, però, non precisa né se nell'esercizio commerciale gestito dall'imputata prestassero servizio dei lavoratori subordinati di questa, né, in ogni caso, se l'impianto di videosorveglianza implicasse un significativo controllo sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti e non vi fosse la necessità di mantenerlo "riservato" per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite degli stessi».