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Esclusione della responsabilità penale del committente

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 23109/2022 – qui allegata – si è pronunciata in relazione ad un infortunio mortale di un lavoratore autonomo per cui l’imputato, committente di opera edile, dopo essere stato condannato in primo grado era stato assolto in appello.

In considerazione di ciò, le difese delle parti civili proponevano ricorso per Cassazione sostenendo che la sentenza impugnata fosse fondata su un’errata e fuorviante distinzione tra “committente di un’opera edile” e “committente datore di lavoro”.

I giudici del Supremo Collegio hanno rigettando i ricorsi perché:

«l'imputato non era titolare di alcuna posizione di garanzia nei confronti del lavoratore autonomo - il quale assume il rischio rispetto alle attività svolte in autonomia e con attrezzatura propria - trattandosi, come ha correttamente evidenziato la Corte di appello, di un privato, mero committente di opera edile, sprovvisto delle specifiche competenze tecniche relative alla realizzazione di un'armatura a consolidamento del terreno, mediante l'apposizione di pannelli con dei murali (c.d. puntellatura). La Corte territoriale evidenzia come l'imputato, di professione insegnante, non abbia attuato, nelle attività proprie dell'impresa appaltatrice, quella "ingerenza" espressiva di una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, tale da renderlo, per questa ragione, destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore, tra questi quello di controllare direttamente le condizioni di sicurezza del cantiere. Invero, l'"ingerenza", quale fattore idoneo a coinvolgere il committente nella responsabilità per eventi lesivi occorsi agli addetti, deve portare in sé le stimmate della causazione (nel concorrere, anche ed eventualmente, di altri fattori, tra i quali anche la condotta illecita dell'appaltatore) dell'evento di danno, dovendo consistere in una attività di concreta interferenza sul lavoro altrui, tale da modificarne le modalità di svolgimento e da stabilire comunque con gli addetti ai lavori un rapporto idoneo ad influire sull'esecuzione degli stessi (ex multis, cfr ., in motivazione, Sez. 4, n. 14407 del 07/12/2011, dep. 2012, P.G. e P.C. in proc. Bergamelli, Rv. 253295).

Sul punto, deve rilevarsi come, correttamente, la sentenza impugnata escluda, con argomentare logico e giuridicamente corretto, che le dichiarazioni del teste B. - operaio alle dipendenze del GU. e, per tale ragione, a conoscenza delle peculiari tecniche da utilizzare nell'esecuzione dei lavori e "che, tuttavia, non impedì che gli stessi si svolgessero in assenza di sicurezza" - sia idoneo a configurare "una ingerenza, comunque, non realizzata, rispetto alle attività che sono proprie (con relativa assunzione di rischio) dell'impresa appaltatrice cui sono stati affidati i lavori".

Non sussiste, pertanto, alcuna culpa in vigilando, attesa altresì l'assenza di rischi interferenziali, non essendovi convergenza di più imprese.

Parimenti congrua e corretta in diritto si appalesa la motivazione della sentenza impugnata laddove afferma che il privato, il quale ha affidato l'esecuzione di alcune opere ad un lavoratore, non può essere ritenuto datore di lavoro, come definito dall'art. 2 d. lgs. 81/ 08, in quanto mancano i presupposti dell'attività e della sua organizzazione (indubbio essendo che, in un'abitazione privata, non si producono beni né si erogano servizi) e dei connessi poteri decisionali: ne consegue, quindi, che, con riguardo a detta figura, non trova applicazione l'invocato art. 26 d.lgs. 81/08. Né all'imputato è stata contestata alcuna culpa in eligendo, profilo di colpa che, peraltro, non viene prospettato nei motivi di impugnazione e che non risulta aver formato oggetto dell'istruttoria dibattimentale
».
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