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231: divieto di rappresentanza e nomina del difensore

La Corte di Cassazione con la sentenza 34476/2024 si è pronunciata sul ricorso proposto da un ente avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva dichiarato inammissibile la richiesta di riesame presentata da una società avverso l'ordinanza che aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di alcuni suoi beni in relazione all'illecito amministrativo di cui all'art. 24 D. Lgs 231 del 2001, mentre il reato presupposto – per cui si procedeva – era la Malversazione di erogazioni pubbliche contestato al legale rappresentante della società.

La difesa dell'ente proponeva ricorso per Cassazione lamentando l'erronea applicazione del divieto previsto dall'art. 39 del D. Lgs. 231/2001 in quanto il Tribunale aveva ritenuto applicabile il divieto nonostante l'ente non risultava essere iscritto nel registro degli indagati né aver avuto alcuna notizia di tale iscrizione.

I Giudici della Suprema Corte hanno ritenuto fondato il ricorso e annullato l'ordinanza con rinvio sulla base della seguente motivazione:

«3. Dalla ordinanza impugnata emerge che alla società sarebbe stata comunicato solo il verbale di sequestro, del contenuto del quale, tuttavia, il Tribunale non ha specificato alcunchè; il verbale in questione, che pure contiene un riferimento all'art. 53 d. Igs n. 231 del 2001, non chiarisce alcunchè di specifico, limitandosi ad attestare la comunicazione alla società dell'avvenuto sequestro.
Il decreto di sequestro in atti nei riguardi della società risulta notificato all’avv. Giuseppe Benanti nella qualità di difensore di Bruno Colombini.


4. Già con Sez. 6, n. 41398 del 19/06/2009, Caporello, Rv. 244406, la Corte di cassazione aveva chiarito come la disposizione di cui all'art. 39 d. Igs. 231 del 2001 vieti esplicitamente al rappresentante legale, che sia indagato/imputato del reato presupposto, di rappresentare l'ente; una proibizione che si giustifica in quanto il rappresentante legale e la persona giuridica si trovano in una situazione di obiettiva e insanabile conflittualità processuale, dal momento che la persona giuridica potrebbe avere interesse a dimostrare che il suo rappresentante ha agito nel suo esclusivo interesse, o nell'interesse di terzi, ovvero a provare che il reato è stato posto in essere attraverso una elusione fraudolenta dei modelli organizzativi adottati, in questo modo escludendo la propria responsabilità e facendola così ricadere sul solo rappresentante.
Il divieto di rappresentanza stabilito dall'art. 39, si è chiarito, è, dunque, assoluto e non ammette deroghe, in quanto funzionale ad assicurare la piena garanzia del diritto di difesa al soggetto collettivo; detto diritto risulterebbe del tutto compromesso se l’ente partecipasse al procedimento attraverso la rappresentanza di un soggetto portatore di interessi confliggenti da un punto di vista sostanziale e processuale (così testualmente Sez. 6, n. 41398 del 2009, cit.).
Tali argomentazioni sono state ribadite e sviluppate ulteriormente dalle Sezioni unite che, con specifico riguardo al tema del riesame proposto - senza costituzione in giudizio - da difensore nominato dal legale rappresentante, hanno precisato che è ammissibile la richiesta di riesame presentata avverso il decreto di sequestro preventivo dal difensore di fiducia nominato dal rappresentante dell'ente secondo il disposto dell’art. 96 cod. proc. pen., ed in assenza di un previo atto formale di costituzione a norma dell'art. 39 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, sempre che, precedentemente o contestualmente alla esecuzione del sequestro, non sia stata comunicata la informazione di garanzia prevista dall'art. 57 del d.lgs. medesimo (Sez. U, n. 33041 del 28/05/2015, Gabrielloni, Rv. 264309).

5. Il Tribunale, in applicazione dei principi indicati, avrebbe dovuto quindi accertare, al fine di verificare l'ammissibilità della richiesta di riesame, cosa sia stato effettivamente comunicato all'ente e se l'ente, in concreto, al momento della proposizione della richiesta di riesame, fosse consapevole di essere indagato e dunque, fosse consapevole della incompatibilità assoluta del suo legale rappresentante, indagato a sua volta, in quanto autore dell'reato presupposto.
Su tali rilevanti profili, il Tribunale è silente.

Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata; il Tribunale applicherà i principi indicati e verificherà se e in che termini la richiesta di riesame sia rituale o inammissibile
».
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