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Confische e diritto penale dell'ambiente (I)

La sentenza n. 15965/2020 (qui allegata) della Corte di Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso proposto dalla difesa dell’imputato, ha affrontato la questione relativa all’applicabilità dell’istituto premiale della non confiscabilità previsto dall’art. 452 undecies ult. com. c.p. (per i casi in cui l'imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezzae, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi) alla confisca di cui all’art. 260 ter disposta in relazione al reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 256, comma 1, Testo Unico Ambientale.

Ad avviso della difesa dell’imputato, «sarebbe irragionevole la scelta del legislatore di precludere all’autore del reato contravvenzionale che abbia posto in essere l’attività riparatoria, di beneficiare di tale causa di esclusione della confisca, sia in ragione del fatto che le fattispecie contravvenzionali sono da considerarsi per loro natura meno gravi delle ipotesi delittuose codicistiche, sia perché dovrebbe ritenersi unica e unitaria la funzione della confisca, che persegue in ogni caso una finalità sanzionatoria volta a punire l’autore del reato, indipendentemente dalla destinazione dei beni confiscati».

Ad avviso della Corte, invece
: «può concludersi che la lamentata diversità di trattamento risulta in realtà pienamente legittima in considerazione della diversa funzione riconducibile alla confisca di cui all’art 452-undecies cod. pen., rispetto a quella discendente dalla violazione delle disposizioni contravvenzionali. La confisca ex art. 452-undecies cod. pen., presenta, infatti, profili peculiari, in quanto caratterizzata non tanto da una funzione punitivo-sanzionatoria, bensì da una funzione risarcitoria-ripristinatoria, laddove, invece, la confisca ex art. 260-ter D.lgs. n. 152 del 2006 integra una misura sanzionatoria, con funzione eminentemente repressiva».

La Corte, infine, conclude argomentando che «deve, inoltre, rilevarsi che l’omessa previsione, nell’ambito delle fattispecie contravvenzionali, di un’ipotesi di disapplicazione della confisca analoga a quella prevista dall’art. 452-undecies cod. pen., è controbilanciata dalla previsione di un particolare meccanismo di estinzione del reato – modellato sul meccanismo della prescrizione in materia di sicurezza sul lavoro – il cui ambito applicativo è circoscritto alle sole fattispecie contravvenzionali. La legge n. 68 del 2015, con l’art. 1, comma 9, è infatti intervenuta anche sul d.lgs. n. 152 del 2006, introducendo una parte VI-bis recante la “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale” che contempla, agli artt. 318-bis e ss. una procedura di estinzione del reato, la cui operatività è subordinata all’adempimento, da parte del responsabile della violazione, di una serie di prescrizioni tendenti al risanamento dell’integrità ambientale, oltre che al pagamento di una somma di denaro. In particolare, essa opera a seguito della verifica circa l’esito fausto delle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza al contravventore ai fini dell’eliminazione della contravvenzione, nonché del pagamento della sanzione amministrativa».
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