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Delitto di omesso versamento di IVA e crisi di liquidità

Con l'allegata sentenza 19651/2022 la Corte di Cassazione si è pronunciata in relazione al ricorso proposto da un imputato condannato, in qualità di legale rappresentante di una società, per il delitto di omesso versamento di IVA ex art. 10 ter D. Lgs. 74/2000.

In estrema sintesi, la difesa dell’imputato lamentava la mancata acquisizione di prova decisiva e l’omessa motivazione in riferimento alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nonché, con ulteriore motivo, vizi di motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato o dell'esimente della forza maggiore.

In particolare la difesa, nell’atto di appello, aveva chiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di acquisire ulteriori e decisivi elementi comprovanti l'esistenza della crisi, l'entità e la consistenza degli sforzi effettuati per fronteggiarla, nonché, infine, la presenza di rilevantissimi insoluti da parte dei principali clienti dell’impresa di cui l’imputato era il legale rappresentante.

I giudici del Supremo Collegio, in accoglimento dei predetti motivi di ricorso, hanno annullato – con rinvio per nuovo giudizio – la sentenza affermando:

«Secondo il maggioritario orientamento di questa Corte, di regola, l'omesso versamento dell'IVA dipeso dal mancato incasso per inadempimento contrattuale dei propri clienti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-ter, atteso che l'obbligo del predetto versamento prescinde dall'effettiva riscossione delle relative somme e che il mancato adempimento del debitore è riconducibile all'ordinario rischio di impresa, evitabile anche con il ricorso alle procedure di storno dai ricavi dei corrispettivi non riscossi (Sez. 3, n. 6506 del 24/09/2019, dep. 2020, Rv. 278909; Sez. 3, n. 6220 del 23/01/2018, Rv. 272069, ove si osserva che, tranne i casi di applicabilità del regime di "IVA per cassa", l'obbligo penalmente sanzionato è ordinariamente svincolato dalla effettiva riscossione delle somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate). Si è tuttavia talvolta affermato che, in taluni casi, può essere escluso il dolo generico nell'ipotesi in cui l'omesso versamento derivi dalla mancanza della necessaria liquidità dovuta al mancato incasso delle fatture emesse con l'addebito d'imposta (Sez. 3, n. 29873 del 01/12/2017, dep. 2018, Calabrò, Rv. 273690)».

Inoltre che «nel reato di omesso versamento di Iva, ai fini dell'esclusione della colpevolezza è irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo (Sez. 3, n. 2614 del 06/11/2013, dep. 2014, Rv. 258595), anche attingendo al patrimonio personale (Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, dep. 2014, Rv. 258055; Sez. 3, n. 43599 del 09/09/2015, in motivazione).
1.3. La successiva giurisprudenza di legittimità ha temperato i principi di cui sopra, affermando che l'omesso versamento dell'IVA dipeso dal mancato incasso di crediti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall'art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, trattandosi di inadempimento riconducibile all'ordinario rischio di impresa, sempre che tali insoluti siano contenuti entro una percentuale da ritenersi fisiologica (Sez. 3, n. 31352 del 05/05/2021, Rv. 282237, la quale ha ritenuto non fisiologica una presenza di insoluti per circa il 43% del fatturato, cui era seguita una gravissima crisi di liquidità)»
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