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Inosservanza delle prescrizioni contenute nell’AIA e responsabilità penale

Con l'allegata sentenza n. 7874/2022 la Corte di Cassazione si è pronunciata su un ricorso proposto da un imputato, legale rappresentante di una società esercente l’attività di gestione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, condannato per aver violato le prescrizioni stabilite dall’Autorizzazione Integrata Ambientale.

All’imputato veniva contestata la mancanza dell’apposita cartellonistica con le indicazioni dei codici CER nonché l’errato stoccaggio di alcuni rifiuti speciali pericolosi in violazione delle corrispondenti prescrizioni contenute nell’AIA.

La difesa dell’imputato lamentava, in estrema sintesi, che la condotta contestata non costituisse reato ai sensi dell’art. 29 quattuordecies comma 3 lett. B, D. Lgs. 152/2006, ma soltanto l’illecito amministrativo previsto dal comma 2 del medesimo articolo.

I giudici del Supremo Collegio hanno tuttavia rigettato il ricorso affermando:

– preliminarmente che «questa Corte, ha più volte affermato che “in materia di reati ambientali, a seguito delle modifiche apportate all'art. 29-quattuordecies del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dal d.lgs. 4 marzo 2014, n. 46, recante attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, la condotta di chi, essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale, non ne osserva le prescrizioni è depenalizzata e costituisce illecito amministrativo, solo quando attiene a violazioni diverse da quelle previste dai commi terzo e quarto della medesima disposizione” (Cass. pen., Sez. 3, n. 40532 del 11/06/2014, dep. 01/10/2014; Sez. 3, n. 17056 del 13.12.2018 dep.18.04.2019)».

– inoltre che «già prima della riforma, la giurisprudenza di legittimità, in tema di gestione dei rifiuti, aveva stabilito che è chiamato a rispondere del reato previsto dall'art. 29-quattuordecies d.lgs. n. 152 del 2006, il titolare dell'autorizzazione integrata ambientale che viola le prescrizioni imposte dal provvedimento, anche quando queste si riferiscono ad obblighi di segnalazione nelle zone di stoccaggio, non potendo in alcun caso l'inosservanza di esse ritenersi circoscritta nell'ambito delle mere irregolarità amministrative, in quanto la valutazione della offensività della condotta è stata già preventivamente effettuata dal legislatore. In particolare, questa Corte, aveva ritenuto corretta l'affermazione della sussistenza del reato per l'inadeguatezza della etichettatura limitata alla sola zona di stoccaggio e non apposta anche ai singoli serbatoi e ciò in quanto detta etichettatura è funzionale alla corretta informazione sulla natura e tipologia del rifiuto a tutti i soggetti che entravano a contatto con i rifiuti, anche se estranei al reparto: altri dipendenti, gli stessi controllori o, addirittura, soggetti estranei (Cass. pen., Sez. 3, n. 4346 del 17/12/2013, dep. 2014).
Questo indirizzo è stato poi avallato da recente giurisprudenza, la quale ha ritenuto che il legislatore, all'interno del medesimo art. 29-quattuordecies d.lgs. n. 152 del 2006, nel descrivere le condotte attribuibili a colui che è titolare dell'autorizzazione integrata ambientale, distingue tra l'inosservanza, in generale, di una qualsiasi delle prescrizioni del provvedimento autorizzativo, relativamente alla quale si applica la sola sanzione amministrativa, e le violazioni "qualificate", tra cui quelle concernenti la «gestione dei rifiuti», penalmente rilevanti. Ma, soprattutto, ha stabilito che "non sembra dubitabile che l'apposizione di etichettatura sui contenitori o di segnaletica nelle aree destinate al deposito dei rifiuti, proprio in quanto funzionale ad una corretta informazione sulla natura e tipologia degli stessi per tutti coloro che con i medesimi vengono in contatto, attenga alla «gestione dei rifiuti»" (Sez. 3, n. 33033, 18 settembre 2020, dep. 25 novembre 2020, non massimata)
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