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Reato di inottemperanza alla ordinanza di rimozione dei rifiuti: consumazione e prescrizione del reato

La sentenza 15238/2023 della Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto da un imputato, condannato per il reato di cui all’art. 255 c. 3 in relazione all’art. 192 c. 3 TUA, per aver omesso di rimuovere i rifiuti come prescritto dall’ordinanza di rimozione degli stessi.

La difesa dell’imputato lamentava
l’erronea applicazione della legge penale nonché il connesso vizio di motivazione in relazione alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto infondato tale motivo e, per l’effetto, hanno rigettato il ricorso sulla base della seguente motivazione:

«In ordine all’individuazione del momento consumativo del reato di cui all’art. 255, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, si deve rilevare che la fattispecie ha natura permanente e la scadenza del termine per l’adempimento non indica il momento di esaurimento della condotta, bensì l’inizio della fase di consumazione che si protrae sino al momento dell’ottemperanza all’ordine ricevuto (Sez. 3, n. 39430 del 12/06/2018, Rv. 273841; Sez. 3, n. 33585 del 8/4/2015, Rv. 264439; Sez. 3, n. 23489 del 18/5/2006, Rv. 234484). Tale principio giurisprudenziale – che deve essere qui confermato – muove dal presupposto che la natura di reato omissivo permanente della contravvenzione in esame è individuata tenendo conto del fatto che il termine per l’adempimento di quanto indicato nell’ordinanza è fissato al solo fine di stabilire il regolare e tempestivo adempimento della prescrizione, che può essere adempiuta in modo utile, sia pure tardivo; sicché non viene meno l’obbligo di agire anche dopo la scadenza del termine.

1.2. In ordine al riparto dell’onere della prova, si deve rilevare che deve essere sempre provata la mancata ottemperanza all’ordinanza sindacale, ma che non vi è alcun onere di accertare, anche successivamente, che non vi sia stata alcun successivo adempimento del predetto ordine, in quanto tale onere incombe sull’imputato.
Nel caso di specie, l’accertamento della mancata ottemperanza è stato effettuato in data 3 marzo 2010, per cui da tale data si ritiene che non siano rimossi, avviati al recupero e/o allo smaltimento, i rifiuti abbandonati e non sia ripristinato lo stato dei luoghi, salvo prova contraria della difesa.
Di conseguenza, e in conformità con il principio enunciato dalla sentenza richiamata dal ricorrente (Sez. 4, n. 7564 del 04/02/2020, Rv. 278580) – che stabilisce che, qualora risulti dalla sentenza o dagli atti processuali ovvero da prove logiche la protrazione della permanenza oltre la data della contestazione riferita al momento dell’accertamento, sarà possibile, senza necessità di contestazioni suppletive, ritenere il tempus commissi delicti fino al momento della pronuncia di primo grado o a quello minore rilevabile ex actis – la Corte di appello di Salerno correttamente ha ritenuto che il termine prescrizionale – di complessivi cinque anni – decorresse dalla data della sentenza di primo grado, ovvero dal 4 febbraio 2020, essendo il reato contestato come accertato, in permanenza, il 2 marzo 2010; permanenza la cui cessazione non è stata neanche compiutamente prospettata dalla difesa
».
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