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Responsabilità penale degli amministratori di società di capitali per dichiarazione fraudolenta

La sentenza 31017/2023 della Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto da due amministratori di società di capitali, condannati per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti, sebbene non fossero stati loro a procedere all'apposizione della firma e al successivo deposito.

La difesa degli imputati lamentava, tra gli altri motivi di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla riferibilità oggettiva e soggettiva del fatto-reato agli imputati argomentando:
- che l’affermazione della responsabilità degli imputati era basata sulla mera carica ricoperta nella società;
– che non si sarebbe tenuto conto dell’attribuzione di poteri disgiunti ai tre amministratori;
– che la sottoscrizione della dichiarazione mendace era della mera sorella/coimputata;
– che non sussistevano elementi indicativi della consapevolezza dei ricorrenti circa la fittizietà delle fatture.

I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto fondato tale motivo e, per l’effetto, hanno annullato con rinvio al fine di accertare se gli imputati fossero a conoscenza della fittizietà delle fatture e, in caso affermativo, se non si fossero attivati per impedirne l’indicazione nella dichiarazione.

La Suprema Corte ha affermato che:

«La questione posta attiene alla individuazione dei criteri di imputazione della responsabilità per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti agli amministratori di una società i quali non abbiano sottoscritto o presentato la dichiarazione.


Secondo l'unico precedente specifico massimato
, in tema di reati tributari, nel caso di delitto deliberato e direttamente realizzato da singoli componenti del consiglio di amministrazione di una società di capitali nel cui ambito non sia stata conferita alcuna specifica delega, ciascuno degli altri amministratori risponde a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento, ove sia ravvisabile una violazione dolosa dello specifico obbligo di vigilanza e di controllo sull'andamento della gestione societaria derivante dalla posizione di garanzia di cui all'art. 2392 cod. civ. (così Sez. 3, n. 30689 del 04/05/2021, Cerbone, Rv. 282714-01, proprio in tema di delitto di dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti).

Questo precedente si pone in linea con l'orientamento consolidato in materia di bancarotta fraudolenta.
Invero, costituisce affermazione costante nella giurisprudenza di legittimità quella secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il concorso per omesso impedimento dell'evento dell'amministratore privo di delega è configurabile quando, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle condotte illecite tenute dai consiglieri operativi in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell'effettiva conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società o, quanto meno, di "segnali di allarme" inequivocabili dai quali desumere, secondo i criteri propri del dolo eventuale, l'accettazione del rischio del verificarsi dell'evento illecito e, dall'altro, della volontà, nella forma del dolo indiretto, di non attivarsi per scongiurare detto evento (così, tra le tantissime, Sez. 5, n. 33582 del 13/06/2022, Benassi, Rv.284175-01, e Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, E., Rv. 273925-04)».

Il principio indicato si collega, fondamentalmente, alla disciplina fissata dall'art. 2392 cod. civ.
Secondo questa disposizione, per quanto di specifico interesse ai fini della soluzione della questione in esame, gli amministratori di una società non rispondono delle violazione dei doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto in relazione a fatti commessi da "colleghi" nell'esercizio «di attribuzioni del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori» (primo comma), salvo essere «solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose» (secondo comma).

Sulla base di questo dato normativo, quindi, gli amministratori senza delega rispondono per i fatti pregiudizievoli per la società commessi in violazione di legge o di statuto da uno di loro nell'esercizio di funzioni al medesimo attribuite «in concreto», solo se ne erano a conoscenza e non hanno fatto il possibile per impedirne il compimento.

E in questi termini deve intendersi anche il limite massimo di estensione della responsabilità penale per fatti materialmente commessi dagli altri amministratori
.

Di conseguenza, sembra ragionevole ritenere che gli amministratori di una società i quali non abbiano sottoscritto una dichiarazione fiscale fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, perché a ciò abbia provveduto un altro di essi nell'esercizio di funzioni a lui attribuite anche «in concreto», rispondono in concorso del reato di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 solo se abbiano avuto conoscenza dell'inserimento di tali documenti mendaci in contabilità e, ciononostante, non si siano attivati per impedirne l'indicazione nella dichiarazione o per impedire la presentazione di questa»
.
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