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Rifiuti: nozione di discarica penalmente rilevante

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 21029 del 2022 – qui allegata – si è pronunciata su un ricorso presentato dalla difesa di un imputato condannato per violazione della disciplina dei rifiuti.

In estrema sintesi, la difesa dell’imputato lamentava l'erronea qualificazione del fatto perché riteneva che lo stesso non dovesse essere qualificato come discarica non autorizzata, bensì nelle diverse contravvenzioni di abbandono di rifiuti o di deposito incontrollato degli stessi.

I giudici del Supremo Collegio, dichiarando inammissibile il ricorso, hanno affermato che:

«La definizione giuridica di discarica è rinvenibile nel D.Lgs. n. 36 del 2003, art. 2, comma 1, lett. g), ove si afferma che trattasi di un’area "adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno".

Aggiunge la richiamata disposizione che "sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno", consentendo così, grazie all'indicazione del dato temporale, di distinguere la discarica da altre attività di gestione.

Muovendo da tale definizione si è pervenuti all’elaborazione giurisprudenziale dell’istituto che con univoca interpretazione ritiene che ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, è necessario l'accumulo di rifiuti, per effetto di una condotta ripetuta, in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato (ex plurimis, Sez. 3, n. 18399 del 16/03/2017, Rv. 269914; Sez. 3, n. 47501 del 13/11/2013, Rv. 257996).

Dall’insieme delle suddette caratteristiche deriva che
nè l’eterogeneità, ancorchè di fatto spesso rinvenibile nell’ammasso dei rifiuti su una determinata area, né la natura pericolosa dei rifiuti che configura una specifica aggravante, costituiscono elementi costitutivi della fattispecie contravvenzionale in esame – irrilevante essendo pertanto il fatto che fossero sversati nella scarpata solo liquami e deiezioni animali provenienti dagli esemplari dell’allevamento di ovini, bovini ed equini gestito dall’imputato - ad integrare la quale concorrono invece l’accumulo, più o meno sistematico, ma comunque non occasionale, di rifiuti in un'area determinata, la definitività del loro abbandono, l’estensione dell’area in tal modo occupata ed il degrado, quanto meno tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione. Caratteristiche queste tutte accertate nel caso di specie dai giudici distrettuali, senza che la difesa riesca a confutarne la sussistenz
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