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Trasporto di rifiuti con mezzo diverso da quello comunicato

La sentenza 13310/2023 della Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto dal titolare di una ditta, imputato del reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256 c. 1 TUA), per aver effettuato un’illecita attività di smaltimento di apparecchiature presenti presso la sede della ditta e, in particolare, per aver conferito i predetti rifiuti ad una società che, pur essendo iscritta all’Albo nazionale gestori ambientali, utilizzava per il recupero e trasporto degli stessi un veicolo non autorizzato al loro trasporto nonché non iscritto all’Albo nazionale dei Trasportatori.

La difesa dell’imputato lamentava
, tra gli altri motivi di ricorso, il mancato riconoscimento della fattispecie attenuata prevista dall’art. 256 c. 4 e la conseguente erronea determinazione della pena.

I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto fondato tale motivo e, per l’effetto, hanno qualificato il fatto ai sensi dell’art. 256 c. 4 TUA, annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena e rigettato nel resto il ricorso.

In particolare, i giudici in sentenza hanno affermato che «Dalla disciplina regolamentare – vigente al momento dei fatti e successivamente confermata – si ricava in modo chiaro, pertanto, che l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali per le imprese che effettuano trasporto di rifiuti abilita allo svolgimento dell’attività soltanto con i mezzi di trasporto oggetto di specifica comunicazione. Pertanto, nel caso di impiego di un mezzo di trasporto diverso da quello comunicato, è configurabile il reato di cui all’art. 256, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto il soggetto effettua un’attività in carenza dei requisiti e delle condizioni richieste per le iscrizioni o comunicazioni (Sez. 3, n. 6739 del 28/11/2017, dep. 2018, Rv. 272316; in senso conforme, con riferimento alla previgente fattispecie di reato, Sez. 3, n. 5342 del 19/12/2007, dep. 2008, Rv. 238799; Sez. 3, n. 12374 del 09/03/2005, Rv. 231078). Inoltre, posto che dal FIR stesso emerge che il conferente ha l’onere di verificare la targa del mezzo di trasporto, ne deriva che ha anche l’onere di verificare che quest’ultimo sia tra i mezzi indicati nell’autorizzazione. Il fatto, quindi, deve essere riqualificato ai sensi del comma 4 dell’art. 256, del d.lgs. n. 152 del 2006 perché risulta incontestato che sia la A. che la C s.r.l. sono aziende autorizzate al trasporto e allo smaltimento di rifiuti; con la conseguenza che l’antigiuridicità della condotta deve essere circoscritta al solo uso del mezzo, non autorizzato né iscritto all’albo».
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