231: assenza del modello organizzativo e responsabilità amministrativa dell’Ente
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 18413/2022 – qui allegata – si è pronunciata in relazione ad un ricorso presentato da un ente, il quale era stato condannato in entrambi i gradi di merito per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25 septies comma 3 D. Lgs. 231/2001 derivante dalla commissione del reato di lesioni personali – aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica – di una dipendente.In particolare, i giudici di merito avevano fondato «la responsabilità amministrativa sulla "accertata mancanza del modello organizzativo" e sul conseguente "risparmio di spesa quale tempo lavorativo da dedicare alla sua predisposizione ed attuazione", richiamando, genericamente, ulteriori voci di (possibile) risparmio di spesa (si accenna ai costi sulle consulenze, sugli interventi strumentali e sulle attività di formazione e di informazione del personale, peraltro senza spiegarne la rilevanza specifica al caso in esame)».
I giudici della Suprema Corte hanno annullato la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello per un nuovo giudizio in quanto hanno ritenuto che:
– «l'assenza del modello, la sua inidoneità o la sua inefficace attuazione non sono ex se elementi costitutivi dell'illecito dell'ente. Tali sono, oltre alla compresenza della relazione organica e teleologica tra il soggetto responsabile del reato presupposto e l'ente (cd. immedesimazione organica "rafforzata"), la colpa di organizzazione, il reato presupposto ed il nesso causale che deve correre tra i due».
«Le superiori considerazioni spiegano le iniziali perplessità manifestate dal Collegio con riferimento alla struttura dell'illecito delineata nel capo di imputazione, nel quale, in buona sostanza, ci si limita ad addebitare all'ente la mera assenza di un modello organizzativo, senza specificare in positivo in cosa sarebbe consistita la "colpa di organizzazione" da cui sarebbe derivato il reato presupposto, che è cosa diversa dalla colpa riconducibile ai soggetti apicali autori del reato. Questi ultimi, infatti, sono stati ritenuti colpevoli del reato in ragione della commissione di specifiche omissioni e violazioni della normativa prevenzionistica, nella loro qualità di datori di lavoro; l'ente, di contro, risponde - a diverso titolo - di un illecito distinto, sia pure derivante dal medesimo reato».