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231: patteggiamento e confisca

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 18652/2022 – qui allegata – si è pronunciata in relazione ad un ricorso presentato da un ente avverso una sentenza di patteggiamento con cui il giudice aveva applicato, oltre alla sanzione pecuniaria amministrativa concordata tra l’ente e il PM, anche la confisca di beni ex art. 19 D. Lgs. 231/2001 che, invero, era stata applicata motu proprio dal giudice in considerazione del suo carattere obbligatorio.

Con tale sentenza i giudici del Supremo Collegio hanno affermato che la confisca prevista dall’art. 19 D. Lgs. 231/2001 ha carattere obbligatorio e che pertanto – in forza di tale sua specifica natura – debba essere disposta anche nel caso in cui non sia stata preventivamente oggetto di espresso accordo tra le parti.

Svolta tale premessa, i giudici hanno dato atto che esiste oggi un regime differenziato per cui:

– «là dove la confisca sia stata concordata tra le parti, l’unico rimedio esperibile in Cassazione è rappresentato dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., il quale, nel limitare il ricorso “ai motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”, copre l’imputato dal rischio di errori compiuti ex post, in fase di attuazione di un accordo alla definizione dei cui contenuti ha, tuttavia, partecipato e di cui si è di conseguenza assunto la responsabilità»;

– «se, per contro, la confisca non sia stata ricompresa nel previo accordo tra le parti, la tutela predisposta dal sistema nei confronti dell’imputato si espande sino a consentire il controllo di legittimità secondo i più ampi parametri generali dettati dall’art. 606, comma 1, c.p.p., così predisponendo un rimedio rispetto ad eventuali indebite, come tali imprevedibili, compromissioni dei diritti, seppur a contenuto patrimoniale, dell’imputato».
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