Videosorveglianza sui luoghi di lavoro e diritto penale
La Corte di Cassazione - con la sentenza n. 3255/2021 qui allegata - ha esaminato la questione relativa alla possibilità di configurare il reato previsto dall’art. 4 Statuto dei Lavoratori, rubricato «Impianti audiovisivi», punito dall’art. 171 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, nel testo vigente per effetto delle modifiche recate dall'art. 15, comma 1, lett. f), d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101.La Corte ha valutato se sia configurabile tale reato nell’ipotesi in cui, in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate o di autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro, l’impianto audiovisivo installato sul luogo di lavoro abbia la funzione di tutelare il patrimonio aziendale.
Nel decidere, il Supremo Collegio ha innanzitutto affermato che le disposizioni dello Statuto dei Lavoratori non implicano il divieto dei c.d. controlli difensivi del patrimonio aziendale da azioni delittuose da chiunque provenienti.
Successivamente, ha enunciato il seguente principio di diritto: «Non è configurabile la violazione della disciplina di cui agli artt. 4 e 38 legge n. 300 del 1970 - tuttora penalmente sanzionata in forza dell'art. 171 d.lgs. n. 196 del 2003, come modificato dalla legge n. 101 del 2018 - quando l'impianto audiovisivo o di controllo a distanza, sebbene installato sul luogo di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate o di autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro, sia strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, sempre che il suo utilizzo non implichi un significativo controllo sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti o resti necessariamente "riservato" per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite degli stessi».